Il cibo è appartenenza, dichiara le origini, specifica le provenienze.
Il cibo è identità, dimmi come mangi e ti dirò chi sei.
Il cibo è relazione, è un atto intimo, fisico, con una persona speciale ha più sapore.
Quello del cibo è un mondo variegato, in movimento, attraversato dalle mode, dalle tendenze, riceve contaminazioni dall’arte, dalla filosofia, dalla letteratura. Ma è l’etica la vera disciplina che dovrebbe sostenere l’intera impalcatura, l’intero sistema. Perché chi si occupa di cibo si occupa di vita, anzi di vite.
L’industria della food experience, ormai dilagante nelle televisioni, nei blog, sulla carta stampata, rischia sempre più di perdere i suoi contorni, sfumando in qualcosa di non ben definito, troppo legato al mondo dei beni di consumo. Non bisogna mai dimenticare che il lavoro del ristoratore, il lavoro in cucina e in sala, è fatto da persone, da esseri che pensano, si emozionano, si scambiano idee e saperi e modi di vivere.
Questa umanità è un valore aggiunto, è quello che ci rende nobili uomini e donne, e porta con sé dei doveri oltre che dei diritti inalienabili. Ogni anno sono invitato, come tanti colleghi, a partecipare a numerose manifestazioni benefiche a sostegno di onlus, in particolare a favore della ricerca o per la difesa dell’infanzia. Rispondere a queste chiamate, è un onore e un dovere, e se volete vi spiego il perché.
La tavola è allegria, gioia, soddisfazione.
La tavola è condivisione, curiosità, scoperta.
La tavola è confronto, dialogo, opportunità.
A volte la tavola è un pasto veloce, scappare a lavoro senza ricordare nemmeno cosa si è mangiato. Ci sono delle occasioni, però, che richiedono una maggiore attenzione sia da parte di chi cucina che da parte di chi mangia. Sono le occasioni in cui noi operatori della ristorazione abbiamo la possibilità di metterci al servizio di qualcosa di importante. E di osservare, così scoperto, esposto, il vero significato del cibo stesso.
Il cibo è diritto, è rispetto, è umanità.