Quello che mi rende veramente felice è instaurare relazioni e questo avviene in modo meraviglioso in cucina, perché il cibo è la lingua che mette in comunicazione le persone. In cucina divento ambasciatore della mia terra: l’identità di un popolo è anche ciò che mangia.
Per me che faccio da tanti anni questo mestiere, la cucina non può essere solo preparare dei piatti appetitosi, o belli, o dalla presentazione artistica. Forse all’inizio quello che spinge lo chef è davvero semplicemente creare qualcosa di buono e di bello per regalare qualche momento di gusto e di piacere. Ma col tempo ho capito che per me un appuntamento al tavolo del ristorante è un’occasione, la possibilità di invitare gli Ospiti a compiere un vero e proprio viaggio di scoperta, un viaggio in cui non sono soli, ma in cui avere una guida, qualcuno che indichi la strada giusta per arrivare alla meta. E la meta è la scoperta di un’anima, quella della mia terra, che custodisce sapori e saperi arcaici, ma che non accettano di essere relegati nella categoria del ricordo nostalgico del bel tempo che fu, quando tutto era genuino e autentico. E’ un’anima che spinge e che prepotentemente si ripropone sulla scena e vuole essere interpretata e attualizzata e rivisitata, per diventare ambasciatrice nel mondo di uno spirito audace e contemporaneo, quello della cultura sorrentina.
Chi viene a Sorrento ha delle aspettative ben precise. Non può ridursi tutto ad una bella cartolina ed al paesaggio incantevole. Sono attraenti, ma non dicono tutto. Per vivere davvero la città bisogna sentire i profumi, toccare le consistenze, ascoltare le voci, sentire sulla pelle il calore del sole e il sale portato dal vento di mare.
Il viaggio comincia dalla cucina. Gli ingredienti sono pronti sul piano di lavoro, ed ora entrano in gioco la qualità della materia prima e l’abilità. Ma non è solo questo. Il vero prodigio è infondere l’anima, trasmettere il carattere. È solo questo che rende la cucina un processo creativo, una forma d’arte, che abbia in sé i colori di una tavolozza, la plasticità di una scultura, l’armonia di una musica, il gusto della passione.
L’antipasto è un invito, il primo passo dell’itinerario. Protagoniste sono le verdure, carciofi, melanzane, zucca e zucchine, pomodorini, che le nostre nonne conservavano sott’olio per regalarci un po’ di bella stagione anche in inverno. Così rinnovare la tradizione diventa un ringraziamento, un atto d’amore. È una dichiarazione di intenti e una presentazione: ecco chi siamo e da dove veniamo.
La pasta poi, è la regina della nostra cucina, fa parte del nostro immaginario, evoca sentimenti positivi e situazioni piacevoli, parla di amicizia e convivialità, complicità e intesa. Si può declinare in mille modi, rappresentando sempre gli aspetti più autentici del nostro mondo.
I secondi implicano tecnica e padronanza, istinto e coraggio, gli elementi fondamentali per raggiungere qualunque obiettivo. La carne, il pesce, possono essere perfetti già come materie pure, meritando il ruolo di protagoniste, esaltate con un contesto accattivante e avvolgente.
E siamo arrivati al dolce. Il viaggio è giunto alla fine, ma non significa che tutto sia già stato detto. Domani sarà diverso, perché noi saremo diversi, e allora potremo scoprire tutto di nuovo.